E’ con piacere, gratificazione e riconoscenza che avvio la pubblicazione di alcune sezioni di “Tanren” che l’autore (l’amico e maestro) Fausto Pegoraro mi ha offerto di leggere e autorizzato a condividere.
PREFAZIONE
Il presente lavoro è una parziale e libera traduzione adattata del libro “Kurikara – The Sword and the Serpent” di John Maki Evans. L’intento di questa sintesi è stato di volgere in lingua italiana la parte del testo originale utile alla pratica di qualsiasi disciplina prescindendo dalle caratteristiche stilistiche che differenziano le scuole marziali. Si rimanda alla lettura dell’opera originale per l’ulteriore approfondimento degli argomenti, dell’esperienza e della scuola dell’autore.
Fausto PegoraroMilano, Ottobre 2015
TANREN
FORGIARE L’ENERGIA
Ogni arduo, graduale allenamento in qualsiasi campo può essere definito Tanren. I due ideogrammi che compongono questa parola rappresentano il concetto di lavoro costante necessario per raffinare e consolidare un metallo per la sua forgiatura.
Nell’ambito dell’apprendimento di una disciplina fisica tanren non è riferito tanto allo sviluppo di un’abilità tecnica specifica ma piuttosto alla necessaria preparazione di base preliminare. Nonostante l’ovvia differenza tra il metallo e i tessuti umani, esistono molte analogie tra le fasi della costruzione di una spada e quelle di un “uomo di spada”.
Per iniziare occorre anzitutto una forgia. Col riscaldamento e la battitura si ottengono i cambiamenti necessari a raffinare il materiale ferroso di partenza, chiamato tamahagane. La parte migliore viene fornita al maestro spadaio, anche se comunque non tutta risulterà adatta alla costruzione di una buona lama.
Similmente, l’allenamento intenso costituisce la forgiatura del giovane praticante.
I Kihon, le tecniche fondamentali di una scuola, ripetuti incessantemente procurano un abbondante sudore che tonifica ed irrobustisce il corpo ripulendolo al tempo stesso dalle tossine. Eppure, non chiunque inizi l’allenamento riesce ad avanzare verso i livelli più profondi della pratica. In parte la selezione è fatta dall’insegnante ma, più spesso, si verifica l’autoesclusione di chi non resiste alla prima fase dell’allenamento e di chi non riesce a raggiungere il grado di “silenzio mentale” necessario per comprendere a fondo l’insegnamento.
Dopo aver ricevuto il materiale grezzo di partenza lo spadaio officia un rito di purificazione per sé stesso e il luogo di lavoro, poi inizia a riscaldare e a ribattere il tamahagane incessantemente per eliminare ogni impurità e renderlo omogeneo in tutte le sue parti. Il risultato sarà una lega dalla struttura cristallina che formerà il “tessuto” di base della spada.
Successivamente, un secondo metallo più morbido verrà aggiunto per aumentare la resistenza elastica della struttura. Si otterrà così una lamina formata da un metallo duro utile a diventare il lato tagliente e da uno più tenero che, formando il dorso della lama, le conferirà la capacità di flettere e di assorbire gli urti del combattimento.
I TRE OBIETTIVI DELLA FORGIATURA
Purificare, uniformare ed integrare le qualità morbide con quelle dure sono i tre obiettivi anche nella “forgiatura” di un uomo di spada.
Nei sistemi tradizionali cinesi questo processo è chiamato Nei Gong; “lavoro interno”, od anche Chi Gong; “lavoro energetico” (Kiko in giapponese).
Questi termini evidenziano la differenza tra l’allenamento “interno” dell’energia e quello “esterno” che mira soprattutto a sviluppare il tono muscolare.
In effetti la distinzione non è così netta, dato che tutte le trasformazioni interiori dell’energia si manifestano necessariamente in un corpo fisico. Il “lavoro interno” normalmente inizia con il rallentamento dei gesti tecnici grazie all’appesantimento fatto con attrezzi vari mentre si segue il ritmo della respirazione profonda. Una volta sensibilizzato, il corpo avvertirà i segnali che permettono il controllo di processi fisiologici considerati di solito al di fuori dei limiti della coscienza.
Questa “coscienza corporea” è la differenza fondamentale tra la forgiatura del metallo e quella del budoka, l’adepto delle Vie Marziali.
Tuttavia, anche con il sistema più efficace ed il più abile insegnante, in definitiva tutto dipende dalle capacità dello studente. Ad ogni livello egli dovrà partecipare consapevolmente al processo di trasformazione per ottenere il risultato corretto. Per questo motivo non ci sono manuali e teorie perfette, perché i segnali interiori e il susseguirsi delle varie fasi sono sempre personali in relazione alla costituzione psico-fisica di ogni individuo.
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