Introduzione
Non ho la pretesa di presentarvi lo ZEN e tanto meno il Buddismo Zen. Perdonatemi (almeno spero siate disponibili a perdonare le debolezze umane), temo che la mia intelligenza e i miei sentimenti, quindi le mie parole che li traducono, siano insufficienti e inadeguate per presentare ciò che amo: nessuno vuol fare del male a ciò, e a chi, ama.
Vi dovrete accontentare di una presentazione di quella che è la mia limitata esperienza dello ZEN, presentazione in cui userò, con rispetto, parole e insegnamenti di altri, finalizzata alla pratica comune.
Presentazione
« Una speciale tradizione esterna alle scritture (教外別傳)
Non dipendente dalle parole e dalle lettere (不立文字)
Che punta direttamente alla mente-cuore dell’uomo (直指人心)
Che vede dentro la propria natura e raggiunge la buddhità (見性成佛) »
(Quattro sacri versi di Bodhidharma, 達磨四聖句)
Mi chiederete: “i primi due versi ci possono stare, che tradotti dicono conta più la pratica della grammatica, ma cos’è e cosa c’entra con noi la buddità?”
Risposta: da Ritorno al silenzio di Katagiri Dainin Roshi – Ubaldini Editore – Roma
Se osserviamo la vita quotidiana ascoltando in/il silenzio, ovvero senza rumori che ci distraggono, vediamo che sono presenti tre gusti: pessimismo, ottimismo e misticismo (traducibile laicamente in idealismo).
“le tra cose vanno assieme e non è possibile separarle … è veramente una miscela di pessimismo, ottimismo e misticismo. Ma ricordate, nei più profondi recessi della vita umana, ancora sotto questi sapori, c’è ancora un vago dolore sconsolato, un sentimento di insoddisfazione. È molto difficile liberarsi da questo dolore. Non è propriamente un dolore,ma una sorta di doloroso lamento interiore. E c’è sempre. Ricordate, ecco perché il Buddha dice che la vita è caratterizzata dalla sofferenza, ma non è una sofferenza come la intendiamo di solito. Questa è del tutto diversa. Non c’è altro modo di sperimentare questa sofferenza senza i tre gusti del pessimismo, dell’ottimismo e del misticismo.”
Il malessere esistenziale, l’insofferenza non è un problema adolescenziale, giovanile e, passando gli anni, di qualche animo “troppo” sensibile, sottende tutta la vita umana. Spesso quella che viene spacciata come “maturità” è solo la capacità di anestetizzare quella insofferenza. Sentire, riconoscere e poi ammettere l’insofferenza nella nostra vita è il primo passo nella buddità ovvero il primo passo verso la chiarezza interiore (“vede dentro la propria natura” dei sacri versi). Non solo, sia voi che io abbiamo conosciuto ragazzi “troppo” sensibili, non so dire con certezza se la loro insofferenza esistenziale sia diventata, o abbia scatenato, la sofferenza psicologica o addirittura la patologia psicologica. Certo ieri abbiamo intravisto poi visto con i nostri occhi e il nostro cuore la loro sofferenza e l’estremo rimedio a ciò. Oggi ci lacera la loro assenza.
Un profondo silenzio urla,
dal vuoto sconfinato,
eco del mio cuore annichilito
Ma l’immobilità dischiude un orizzonte
non ancora scorto Immoto presente.
Cuore urlo fiato respiro desiderio VITA
(Carlo Hogaku)
Zazen nasce come risposta, in ambito buddista come la via della risposta a questa insofferenza.
Come praticare zazen
Qui troverete delle ottime indicazioni, non toglierei ne aggiungerei nulla. Vi faccio notare che si può praticare anche seduti su una sedia. Certo il cuscino fa molto “mistico” e il disagio della posizione (che gran parte di noi prova o ha provato) manifesta un lato di noi stessi che ignoriamo o non vogliamo vedere, ma zazen non deve essere una pratica di sofferenza (anche se durante zazen può capitare di soffrire) e rispetto le proprie paure “soldato che scappa è buono per un’altra battaglia”.
http://global.sotozen-net.or.jp/ita/practice/zazen/howto/index.html
Come presentarsi alla nostra pratica dello zazen
Cercate di arrivare sufficientemente riposati all’incontro del mattino, quindi non coricatevi troppo tardi, comunque in modo tale per non arrivare completamente “rinco…”.
Svegliatevi senza eccesivo anticipo datevi solo il tempo per fare i bisogni, lavare faccia bocca/denti (sconsigliati doccia bagno sesso ecc) e vestirvi,nell’ordine che preferite. Meglio se avrete preparato la sera prima tutto il necessario dallo spazzolino all’abito della pratica. Non mangiate, salvo problemi di salute, e bevete solo acqua con parsimonia. Quindi raggiungete il dojo. Dal momento che vi alzate restate in silenzio, almeno il più possibile, per salutare la/il compagna/o di stanza e gli altri basterà un sorriso oppure se preferite un breve inchino: mettetevi nella condizione di pensare, scegliere il meno possibile (che non significa dormire in piedi).
Ci incontreremo alle 7 ognuno prenderà il posto che gli sarà stato assegnato la volta precedente. Se avete già confidenza con la postura potete sedervi subito (possibilmente facendo prima l’inchino alla propria fila e l’inchino alla fila di fronte, vedi paragrafo precedente) altrimenti attendete in piedi vi siederete insieme a me (qualsiasi cosa avrò fatto prima …). Alle 7 e 15 il suono della campana, tre rintocchi, segneranno l’inizio dello zazen, da questo momento non saranno più ammessi partecipanti, chi fosse in ritardo se vuole dovrà restare all’esterno della sala. Restate in silenzio e immobili fino al termine che sarà segnalato da un rintocco della campana. Se durante lo zazen la posizione dovesse risultare troppo dolorosa muovetevi lentamente cercando di non fare rumore per assumerne una più comoda; inoltre se durante lo zazen qualcuno volesse interrompere (per qualsiasi motivo) sempre in silenzio sciolga la posizione e si alzi (lentamente per evitare sbalzi di pressione) e si allontani cercando di non disturbare i compagni di pratica.
Carlo Hogaku
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